Anicura: l’umanizzazione dei pet non corrisponde sempre al loro bene

Negli ultimi anni, il rapporto tra gli italiani e i loro animali domestici ha subito una trasformazione significativa, andando negli ultimi anni sempre più verso un processo di umanizzazione, una tendenza per cui gli animali domestici vengono trattati e considerati sempre di più come esseri umani.

Il 79% dei proprietari considera infatti gli animali da compagnia veri e propri membri della famiglia, quota che arriva ad alzarsi fino all’85% tra i Millennial (Ipsos per l’Osservatorio Unipol 2024). In alcuni casi (28%), il legame è così profondo da considerare il proprio animale come un figlio.

Le ragioni dietro questa umanizzazione sono molteplici. Il cambiamento sociale e culturale gioca un ruolo chiave: in un mondo sempre più urbanizzato, gli animali domestici offrono compagnia e affetto, spesso riempiendo un vuoto emotivo.

L’invecchiamento della popolazione italiana inoltre ha contribuito ulteriormente alla diffusione dei pet tra le fasce più anziane, che trovano nella loro presenza un conforto quotidiano. A questo si aggiunge una crescente sensibilità verso il benessere animale, rafforzata soprattutto tra le nuove generazioni, che sono più attente ai bisogni emotivi e fisici dei pet.

L’umanizzazione dei pet solleva però alcune questioni etiche. Non sempre ciò che è percepito come un bene per l’animale corrisponde realmente alle sue esigenze biologiche e comportamentali. I veterinari si trovano sempre più spesso a dover mediare tra le aspettative dei proprietari e il reale benessere dell’animale, affrontando dilemmi complessi nel fornire le migliori cure possibili.

Il fenomeno dell’umanizzazione si manifesta infatti in vari modi, impattando anche sulla cura degli animali: i proprietari sono sempre più attenti alla salute e al benessere dei propri pet, e di conseguenza sono più propensi a cercare visite di controllo regolari, vaccinazioni, trattamenti per malattie croniche, ma anche trattamenti avanzati, terapie specializzate e persino cure alternative per i loro animali.

La conseguente e crescente complessità delle esigenze da parte delle famiglie con cani o gatti influisce così sulla professione veterinaria: per rispondere alle esigenze dei proprietari, molti veterinari stanno approfondendo la loro formazione, specializzandosi in ambiti come medicina interna, dermatologia e chirurgia ortopedica.

Questa evoluzione ha aperto a nuove opportunità nel settore veterinario, con l’introduzione di terapie ulteriori come l’agopuntura o la fisioterapia, e lo sviluppo di programmi mirati al benessere e alla nutrizione personalizzata.

Anche la comunicazione con i pet owner è diventata altrettanto cruciale: i veterinari devono oggi sviluppare competenze relazionali più solide, spiegando diagnosi e trattamenti in modo chiaro ed empatico, con un approccio che tenga conto delle emozioni e delle preoccupazioni di chi si prende cura dell’animale.

“È indubbio che l’umanizzazione dei pet sia un fenomeno in continua crescita, ma è fondamentale comprendere che trattare un animale come una persona può persino diventare pericoloso per la sua salute. Attribuire loro bisogni, emozioni e abitudini umane rischia di portare a scelte dannose per il loro benessere, dall’alimentazione inadeguata a cure improprie o stress emotivo. Questo fenomeno ha un impatto significativo anche sulla professione veterinaria, aumentando la richiesta di servizi e ponendo nuove sfide etiche. L’impegno di AniCura è quello di creare un’alleanza con i proprietari puntando alla corretta gestione degli animali, garantendo tramite insieme cure adeguate e specialistiche che rispettino la loro reale natura e i loro bisogni.”, dichiara Valentina Fiorbianco, Head of Medical di AniCura Italia.